Z-cronache

John Company. Ovvero: Oltremare

Timbro letto per voi

Martedì 30 marzo, durante la puntata di “1 Kickstarter per 2”, Shelly e io abbiamo parlato della campagna sulla seconda edizione di John Company, il gioco di Cole Wehrle che ritorna sulla piattaforma in una nuova veste grafica e con alcune importanti aggiunte e modifiche.

Tutto molto bello.

Mentre presentavamo il gioco però, sulla chat di Twitch sono comparsi (o meglio, non sono comparsi) questi due commenti.

Commenti misteriosi
Commenti misteriosi

Decolonizziamo Twitch

I due commenti, fatti da due nostrǝ follower di vecchia data, sono stati magicamente bloccati perché, evidentemente ritenuti da Twitch “disturbanti”. Ora. La prima domanda comparsa nella mia testa è stata: “Ma quanta cacchio di gente ha usato in maniera disturbante i termini “colonialista” e “coloniale” su twitch per indurre la piattaforma a bloccarli preventivamente?” No, sul serio, deve esserci stata una sorta di esplosione di frasi tipo “ah quando c’era il colonialismo gli schiavi arrivavano in orario” oppure “eh signora mia, si sono persi i bei valori coloniali di una volta”. Partendo che la cosa sinceramente non mi meraviglierebbe più di tanto, mi ha portato a riflettere quanto evidentemente il concetto stesso, il parlarne liberamente, sia in pratica un tabù.

La board di John Company
La board di John Company

Tornando così ai due commenti, benché le persone che li hanno scritti siano più che degne, in questo caso hanno colpito a vuoto. E ovviamente anche il sottoscritto è stato tratto in inganno. Se andate a rivedervi il video (sempre che sia ancora disponibile), si capisce subito quanto io non abbia capito un accidente dello spirito che sta dietro al lavoro di Wehrle. Perché John Company è un gioco sul colonialismo, ma non è colonialista.

John Company vs British Empire

Che stai dicendo Nik? Che vuol dire “sul colonialismo, ma non è colonialista”? Per rispondere correttamente a questa legittima domanda dovrei mettermi giù e, come dice qualcuno più bravo di me, prendermi del tempo. Questo sarebbe il corretto modus operandi per trattare un tema così delicato, ma questo articolo non ha alcuna velleità di essere esaustivo. Lo scopo di questo articolo (oltre a far contento il Pabis) è quello di mostrare che si può creare un gioco su un’esperienza atroce quale l’Imperialismo Britannico senza avvallarne le dinamiche, senza normalizzare una pagina di storia che, prima di essere un insieme di numeri e dati, ha rappresentato morte, umiliazione e cancellazione.

In Pax Pamir, Wehrle ci mostrava pezzo di Storia coloniale “capovolto”, dal punto di vista di chi stava subendo l’invasione. In JC invece ci fa indossare i panni grotteschi, ridicoli e mostruosi di chi ha sognato di cambiare vita conquistando il Misterioso Oriente. Perché il colonialismo non è stato fatto da coraggiosi avventurieri, un po’ mecenati e un po’ luminari, che hanno aiutato i bravi indigeni a elevarsi e a civilizzarsi. No. Lo hanno fatto per lo più coloro che cercavano una scorciatoia per diventare nobili e ricchi. John Company è un gioco sulla narrazione, sulla capacità che hanno avuto avidi guerrafondai e meschini investitori di costruire un articolato disegno che giustificasse il loro desiderio di togliere la vita, la casa e la libertà ad altre persone.

Un gioco sullo sfruttamento più efficace delle risorse. Il colonialismo, non John Company.

Quanta sottile ironia british in John Company
Quanta sottile ironia british in John Company
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Ripensare il nostro ruolo: John Company e la politica

Qui vi metto il breve saggio che Wehrle ha scritto per spiegare il lavoro attorno a questa seconda edizione. Il lavoro, come dice lui stesso, politico. Politico. Lo ribadisco, perché non vorrei che sfuggisse questo aspetto: nel momento in cui decidiamo di dare vita a un progetto culturale, a un’espressione del nostro ingegno, noi agiamo nella società. Lo hanno capito la Letteratura, i Videogiochi, il Cinema, il Teatro. Evidentemente il Gioco da Tavolo e il suo Sviluppo sono ancora un po’ indietro. Non dobbiamo aver paura di fare questo passaggio, dobbiamo evitare di fare la fine di twitch che censura preventivamente perché sennò chissà che succede. Se vogliamo evitare di diventare marginali nell’economia della Storia dell’Espressione Umana, non possiamo continuare a nasconderci.

Io queste cose ve le dico un po’ così, perché dobbiamo davvero abituarci a parlarne come si parla delle meccaniche (nel mio caso un po’ meglio magari).

C’è chi lo spiega bene e lo trovate qui sotto.

 

 

Qui invece trovate la campagna di JC.

Ecco, il pippone è finito. Scusate, non so se ve lo avevo mai detto, ma sono antropologo e queste sono un po’ le cose mie.

Nono sono piuttosto sicuro di non avervi mai detto che sono antropologo.

E invece, sapete che ho vissuto un anno in Svezia?

 

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Nicola Patti

Suo nonno e i suoi amici si mettevano davanti casa per giocare a briscola fino a notte. Lui voleva giocare con loro. E così è iniziato il suo amore per i card games. E poi giochi da tavolo, giochi di ruolo, giochi di ruolo dal vivo, videogames. Se solo non fosse uno dei peggiori strateghi e tattici sulla faccia della terra, se solo avesse voglia di leggere i regolamenti, se solo non fosse sfigato con i dadi sarebbe un ottimo giocatore. Da sempre sostiene che morire giocando è il secondo miglior modo per morire.

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