Z-cronache

Cerebos. Ovvero: Treni maieutici

Timbro letto per voi

Io ho passato tutte le superiori e l’università a fare il pendolare ferroviario, tra Asciano e Siena. Trenta chilometri, una mezzoretta di tempo sospeso, riempito di chiacchiere, di letture, di dormite, di studio. Perché il treno è come un piccolo rifugio in movimento, una casetta in cui puoi sentirti al sicuro per un po’, sospeso fuori dal quotidiano. Sulle rotaie puoi dimenticarti la strada, la destinazione, la partenza, concentrandoti su chi ti sta accanto o sulle pagine di un libro. Il treno ti porta, non lo guidi: ti trascina in una sorta di allegorica inevitabilità del viaggio, in balia di un fiume fatto di ferro da cui, volenti o nolenti, non possiamo scappare fino al capolinea. E se la stazione finale si chiama Cerebos, allora il viaggio sarà davvero interessante.

In viaggio verso Cerebos
In viaggio verso Cerebos

Cerebos, la Città di Cristallo

“Cerebos: The Crystal City” è un gioco di ruolo creato da Zach Welhouse, Francita Soto, Shel Kahn, illustrato da Cynthia Yuan Cheng e prodotto da Penguin King Games. Alla stazione, i personaggi si incontrano per la prima volta: ciascuno di loro ha un bagaglio, fisico ed esperienziale, che si porteranno dietro fino alla loro destinazione finale, Cerebos appunto. La mirabile Città di Cristallo è la risposta ai problemi, agli affanni, al dolore che il passato ha gettato loro addosso. Questo passato è incarnato da un particolare componente del loro bagaglio, un oggetto che è come una sorta di filatterio in cui è racchiusa tutta la loro essenza, la loro memoria. Una specie di palla al piede che li tiene legati a ciò che sono stati e che rischiano di essere per sempre.

Alcuni oggetti impregnati di passato
Alcuni oggetti impregnati di passato

Compagni di flashback

Quando creiamo un personaggio in CTCC, noi delineiamo il suo presente e le sue aspettative per il viaggio, ma non il suo passato. Per quanto assurdo possa sembrare, noi partiremo alla volta di Cerebos, su questo treno pieno zeppo di anime dolenti, senza avere la minima idea di quale sia la motivazione. O meglio, il nostro personaggio lo sa, siamo noi a non saperlo. Saranno i nostri compagni di viaggio, gli altri giocatori, a far emergere la nostra storia, come in un processo maieutico. Tramite la descrizione di flashback, stimolati da eventi che accadono durante il viaggio fuori e dentro il treno, ricostruiremo chi eravamo, chi amavamo, da cosa stiamo scappando e cosa stiamo sperando di trovare al capolinea.

Quante le stazioni sulla strada per Cerebos
Quante le stazioni sulla strada per Cerebos
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La via per Cerebos

Cerebos può essere giocato con o senza master e gli sviluppatori consigliano di prevedere una durata della campagna di non più di due-tre sessioni, con un numero ideale di giocatori pari a quattro. Un gioco intimo, in cui i concetti di cambiamento, di mutamento e crescita la fanno da padroni. Se è vero che quando si parte per un viaggio si torna sempre diversi, Cerebos spinge ancora più in là questo concetto. Ci costringe a riflettere su quanto a volte il nostro passato sia il bagaglio più pesante da portarsi dietro, di quanto spesso pensiamo che sia ciò che ci identifica, ma che in realtà si limita crudelmente a marchiarci come fossimo animali su un carro-bestiame.

A me una volta, anni fa, è capitato di partire per Cerebos. Saltai su un treno con un bagaglio enorme. Tornai con uno zaino leggero. Non attesi un secondo, e ripartii.

Cerebos: la campagna

La campagna di Cerebos ha già raggiunto il suo obiettivo. Mancano ancora un paio di settimane prima che scada: la trovate qui.

 

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Nicola Patti

Suo nonno e i suoi amici si mettevano davanti casa per giocare a briscola fino a notte. Lui voleva giocare con loro. E così è iniziato il suo amore per i card games. E poi giochi da tavolo, giochi di ruolo, giochi di ruolo dal vivo, videogames. Se solo non fosse uno dei peggiori strateghi e tattici sulla faccia della terra, se solo avesse voglia di leggere i regolamenti, se solo non fosse sfigato con i dadi sarebbe un ottimo giocatore. Da sempre sostiene che morire giocando è il secondo miglior modo per morire.

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